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Maeli = marna e limo

Ho conosciuto Elisa Dilavanzo presso la sua cantina di design, una boutique winery con la facciata in pietra vulcanica. Qui durante la bella stagione organizza meravigliosi aperitivi in mezzo al vigneto. Proprio durante uno di questi eventi lei racconta:

“La mia passione per il Fior d’Arancio è nata mentre sorseggiavo questo vino dolce sentendo dire che era il vino delle torte e dei dessert, delle cerimonie e dei banchetti, il vino delle ceste di Natale, il vino che piaceva alle donne, ai bambini e addirittura a chi non capiva nulla di vino…

Io non ero per niente d’accordo. Più bevevo Fior d’Arancio e più mi convincevo che questo spumante non aveva nulla a che vedere con l’immagine del moscato dolce nel mondo, cioè di un vino spesso stucchevole, di scarsa qualità e basso prezzo.

Così ho cominciato ad assaggiare i molti Fior d’Arancio spumanti dei Colli Euganei, scoprendo che la natura del Moscato Giallo, il vitigno da cui ha origine, è molto sfaccettata.”

Maeli, 13 ettari e mezzo di vigneti nel cuore del Parco Regionale dei Colli Euganei, territorio di antichissime origini vulcaniche. L’amore e il rispetto per la natura ha portato il vigneto alla scelta di un approccio agroecologico alla coltivazione delle uve, alla tutela della biodiversità e della vitalità dei suoli, e in cantina alla preferenza di vinificazioni spontaneamente, grazie a lieviti indigeni.

Maeli - 03-2018 - 065 - Photo ©Mattia Mionetto.jpg

Lo studio e la valorizzazione del Moscato Giallo rappresentano La Missione di Maeli, sostenuta sin dall’inizio dai fratelli Bisol, viticoltori di Prosecco di Valdobbiadene da 21 generazioni e da sempre estimatori di produzioni enologiche di nicchia. 

Il Moscato Giallo si esprime sui terreni di origine vulcanica dei Colli Euganei con finezza, eleganza e longevità, distinguendosi da qualsiasi altro moscato nel mondo. Infatti i vini Maeli escono almeno dopo due anni dalla vendemmia, per esprimere attraverso l’ affinamento al meglio complessità aromatica, struttura e carattere. Ma è la versatilità, a seconda delle tipologie di vino in cui viene vinificata, l’aspetto più affascinante di quest’uva.

Attualmente Maeli è l’unica cantina ad aver declinato il Moscato Giallo in cinque versioni differenti, che vengono rappresentate idealmente in un percorso di degustazione unico: LA VIA DEL MOSCATO GIALLO.

Nata da un’idea di Elisa Dilavanzo, questa esperienza unica nel suo genere esprime la versatilità di un vitigno “che tutti credevamo di conoscere” e che invece ha ancora molto da rivelare. In particolare, lungo questa “Via” si “incontra” il Moscato Giallo in cinque versioni che danno vita a cinque vini differenti: spumante dolce, metodo classico brut nature, vino frizzante imbottigliato con i propri lieviti e rifermentato in bottiglia secondo il metodo ancestrale, vino fermo secco, passito.

Vini vulcanici sui Colli Euganei

Scoprire i vini vulcanici sui Colli Euganei
Questi colli che si alzano solitari interrompendo bruscamente la pianura hanno un’importanza storica, geologica e strategica. I Colli si formarono circa 35 milioni di anni fa in seguito a ripetute eruzioni vulcaniche provocate dallo spostamento della crosta terrestre. Trachite è il nome della roccia risultata del lento raffreddamento del magma e che costituisce la maggior parte dei terreni di queste zone. Questa pietra conferisce ai vini prodotti sui Colli caratteristiche di forte mineralità, profumi intensi e complessi che si uniscono alle note iodate e mediterranee date da un clima temperato che risente delle brezze marine da sud e dei venti alpini da nord. Ciascun versante di ogni Colle dona ai vini diversi caratteri rendendone l’aspetto ancora più vario e affascinante. Tra questi, il Moscato giallo dà i risultati più interessanti. Qui chiamato Fior d’arancio, probabilmente per il suo profumo agrumato, si presume che l’origine del Moscato giallo sia siriana e che il vitigno sia poi arrivato dalla Grecia durante il Medioevo grazie ai mercanti veneziani. Dal 2011 il Fior d’arancio è Docg. Certamente, la particolare vocazione di questi luoghi era già stata sfruttata dai Paleoveneti della civiltà atestina che tra il X e il V sec. A.C. introdussero la coltivazione della vite. Reperti e storia di queste popolazioni sono stati studiati e sono ora conservati al Museo Nazionale Atestino di Este. Dopo alcuni secoli di offuscamento, oggi la viticoltura sui Colli Euganei sta ripartendo con grande vigore e tutte le carte in regola per farsi largo tra le regioni vitivinicole di origine vulcanica più vocate d’Italia, come Soave, Lessini, Gambellara in Veneto, ma anche Pitigliano e Sovana, Orvieto, Campi Flegrei, Vesuvio, Vulture, Etna e Pantelleria nel resto d’Italia.
Gli esempi di Ca’ Lustra e Maeli
Se già nella seconda metà dell’Ottocento arrivarono in queste zone varietà internazionali come Merlot e Cabernet, che oggi costituiscono la maggior parte dei rossi euganei, il nuovo orientamento cominciò un secolo dopo, ovvero negli anni Sessanta quando l’azienda Ca’ Lustra , cominciò a proporre vini di alta qualità che potessero valorizzare questo territorio. Oggi l’azienda è uno dei portabandiera dei Colli Euganei e nelle selezioni “Zanovello” si possono ritrovare i segni del passato riportati in etichetta sotto forma dell’antica scrittura dei popoli Veneti e quelli del progresso racchiusi all’interno della bottiglia.
Anche nuove realtà, però, si inseriscono nel suggestivo panorama dei Colli: l’azienda Maeli, nome che deriva dall’unione delle due tipologie di suolo Marna e Limo, è nata recentemente grazie alla passione e determinazione di una giovane donna del vino: Elisa Dilavanzo. Folgorata da questo nettare, Elisa decise nel 2008 di abbandonare la carriera televisiva e di attrice per approfondire gli studi sul vino, ricerche che l’hanno portata negli anni, grazie anche al sostegno di due esperti viticoltori in Valdobbiadene, Desiderio e Gianluca Bisol, a realizzare il suo desiderio. La moderna cantina Maeli è dotata di tutto il necessario e la cascina adiacente è stata ristrutturata in modo da ricavare tre stanze dove turisti appassionati di vino potranno pernottare dalla prossima estate. «Sto puntando molto sulle potenzialità del Moscato giallo», afferma Elisa Dilavanzo, «vorrei proporlo in tutte le sue diverse espressioni».

Vini Vulcanici

Una delle categorie enoiche che in questi ultimi anni sta emergendo con maggior successo è quella dei vini vulcanici.

I numerosi vulcani che punteggiano la nostra penisola, alcuni antichissimi ed altri meno, hanno dato origine con le loro eruzioni a terreni che con il tempo si sono rivelati adatti alla viticoltura.

Che siano ancora attivi oppure oramai spenti, la geografia dei vulcani in Italia copre l’intero stivale, isole comprese; Etna e Vesuvio non sono gli unici, anzi, sono in buona compagnia. 

Si va dal Piemonte orientale al Veneto, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Basilicata, e poi Sardegna ed ovviamente Sicilia, comprendente l’arcipelago delle Eolie e Pantelleria. 

È davvero esteso dunque il territorio occupato da quelli che sono, o che sono stati, dei vulcani. 

Quelli nel settentrione d’Italia, per esempio, sono stati perlopiù vulcani attivi milioni di anni fa quando la Pianura Padana ancora non esisteva, al suo posto c’era il mare e molte di queste formazioni erano sottomarine.

La bassa Toscana e l’alto Lazio ospitano vulcani anch’essi inattivi, il cui cratere ospita oggi vari laghi, come il lago di Bolsena o il lago di Bracciano, entrambi nel Lazio.

Il sud Italia invece è l’area del Paese in cui l’attività vulcanica è ancora presente, vedi Vesuvio, Etna, Stromboli e Vulcano, ma è anche terra di vulcani oramai spenti, come il Vulture in Basilicata o il Monte Arci in Sardegna.

Grazie a viticoltori tenaci se oggi possiamo gustare vini che provengono da queste zone. I vini vulcanici italiani possiamo dire rappresentino una categoria a sé, proprio perché differenti dalla viticoltura “tradizionale” sotto molti aspetti.

L’ambiente pedologico è costituito da terreni neri magmatici, frutto del costante lavoro che nel corso delle ere ha rimestato gli strati della terra riportando in superficie materiali preziosi. Qui le sostanze minerali presenti vengono assorbite dalla vite attraverso le radici, e conferiscono al vino le tipiche caratteristiche dei vini vulcanici, quali acidità, complessità aromatica e capacità evolutiva anche nei vini bianchi.

Vi è da sottolineare, inoltre, che il terreno di natura vulcanica impedisce il prosperare della temuta fillossera, incapace di trovarvi il suo habitat ideale e neppure di adattarvisi. Troviamo quindi viti “a piede franco”, ovvero non innestate su una radice americana, capaci di evolversi e raggiungere età ragguardevoli e rimanendo produttive, una cosa impensabile per piante innestate.

Vini bianchi e ricchi

I suoli vulcanici sono inoltre particolarmente ricchi di fosforo, di magnesio e di potassio: ne derivano vini perlopiù bianchi caratterizzati da una complessità e sapidità difficilmente raggiungibili da altri suoli, e soprattutto da grandi mineralità e acidità.

I vini vulcanici: mineralità e acidità

Lo ha spiegato in modo molto chiaro Silvio Foti, vignaiolo ed enologo tra i più grandi esperti dell’Etna, durante l’edizione 2015 di ViniMilo, tappa siciliana della rassegna Volcanic Wines Etna 2015: “I terreni vulcanici hanno una capacità che da un punto di vista chimico viene chiamata potere tampone: qualcuno l’ha definita mineralità. È quell’effetto che si produce aggiungendo il sale su una fetta di limone: il primo impatto è dato dall’acidità e può essere aggressivo, poi subentra la salinità. Il sale tampona l’acidità portando una dolcezza contenitiva e si traduce in uno stimolo profondo e lungo per le papille gustative”. Ecco perché i vini vulcanici risultano freschi e di ottima beva, dal gusto ricco ed equilibrato, oltre che adatti a essere invecchiati.

Partendo da sud, ecco dunque le principali zone con le relative DOC e DOCG legate ad un territorio vulcanico:

SICILIA

PANTELLERIA: Moscato di Pantelleria DOC, Passito di Pantelleria DOC, Pantelleria DOC

ETNA: Etna Bianco DOC, Etna Bianco Superiore DOC

EOLIE: Malvasia delle Lipari DOC

SARDEGNA

MOGORO: Sardegna Semidano DOC, Campidano di Terralba DOC

CAMPANIA

VESUVIO: Lacryma Christi Bianco DOC

ISCHIA: Ischia Bianco DOC, Ischia Bianco Superiore DOC

CAMPI FLEGREI: Campi Flegrei Bianco DOC, Campi Flegrei Bianco Superiore DOC

BASILICATA

VULTURE: Aglianico del Vulture DOC

LAZIO

FRASCATI: Frascati Cannellino DOCG, Frascati Superiore DOCG

VIGNANELLO: Vignanello Bianco DOC, Vignanello Bianco Superiore DOC

MONTEFIASCONE: Est!Est!!Est!!! di Montefiascone DOC, Est!Est!!Est!!! di Montefiascone Classico DOC, Est!Est!!Est!!! di Montefiascone Spumante DOC

TUSCIA: Tuscia Bianco, Rosso e Rosato DOC

GRADOLI: Aleatico di Gradoli DOC, Aleatico di Gradoli Liquoroso DOC, Aleatico di Gradoli Passito DOC

UMBRIA

ORVIETO: Orvieto DOC

TOSCANA

PITIGLIANO: Bianco di Pitigliano DOC

VENETO

COLLI EUGANEI: Colli Euganei Bianco DOC, Colli Euganei Fior d’Arancio DOCG, Colli Euganei Bianco, Rosso, Moscato DOC

GAMBELLARA: Gambellara DOC,  Gambellara Classico DOC,  Gambellara Classico Vin Santo DOC, Recioto di Gambellara DOCG

LESSINI DURELLO: Lessini Durello DOC, Monti Lessini DOC

SOAVE: Soave DOC, Soave Classico DOC, Soave Superiore DOCG, Recioto di Soave DOCG

PIEMONTE

BOCA: Boca DOC, Coste del Sesia DOC

Mappa dei Vini Vulcanici Italiani

Quello dei vini vulcanici è un filone internazionale in grande crescita, anche se quelli italiani conservano alcune caratteristiche uniche. Esistono vini vulcanici in tutto il mondo, dalle Azzorre al Giappone, fino alla Grecia. Il vero valore dei vini italiani è il fatto che nascano in territori con viti storicizzate, non coltivate con un approccio industriale e senza l’utilizzo di vitigni internazionali. È una viticoltura vera, artigianale, anche faticosa: il vulcano non ti regala niente, ma se ci metti passione ti ripaga dando ai vini carattere e identità, grazie a uve di sostanza e piene di sapore.

Tante regioni e tanti territori coinvolti in questo viaggio alla scoperta dei vini vulcanici italiani.

Per ognuna delle aree e delle denominazioni citate vi è una storia lunghissima, che parte da molte generazioni fa e che parla di un lavoro intenso e lungo, per riuscire a coltivare in zone così complicate.

Proprio per questi motivi, nel 2012 il Consorzio Tutela del Soave ha creato l’associazione Volcanic Wines, a cui hanno aderito i vari consorzi di tutela dei vini nati da territorio vulcanico sparsi per lo Stivale.

Volcanic Wines è nata dall’esigenza di dare un’identità distinta a questo particolare mondo vitivinicolo, per troppo tempo dimenticato e relegato ad un ruolo marginale nel panorama nazionale. 

Al giorno d’oggi sono più di cento le cantine che fanno parte di questa associazione, ed ognuna porta orgogliosamente il marchio di Volcanic Wines sull’etichetta dei loro vini.

Dopo nove anni di duro lavoro, l’associazione è riuscita nell’intento di far rivalutare i vini vulcanici, ponendoli anche sotto le luci dei riflettori attraverso eventi e degustazioni sparse per il Paese e non solo.

I vini vulcanici sono una realtà bella da scoprire ed interessantissima da degustare, custodi preziosi di una tradizione agricola che ci appartiene e che per nessuna ragione dobbiamo dimenticare.

La gastronomia dei Colli Euganei

I Colli Euganei sono ricchissimi di uliveti, frutteti,( ciliegie, fichi, pesche, prugne, mele, melograni e giuggiole), castagni, noccioli e mandorli.

Le verdure più conosciute della zona sono il radicchi, gli asparagi e i piselli. La varietà di piante commestibili, coltivate o selvatiche, è cosi abbondante che i piatti sono invariabilmente a base di prodotti di stagione.

La carne di maiale è molto diffusa e ogni parte dell’ animale viene usata per produrre salsicce, prosciutto, coppa, pancetta, salame, e sopressa. Fin dai tempi dei romani, l’allevamento di maiali e la conservazione della carne suina furono importanti fonti di guadagno e di nutrimento per i contadini locali. Ogni paesino sviluppò un metodo per salare, lavorare e asciugare la carne al fine di ottenere il prosciutto. Il Prosciutto Veneto Berico – Euganeo e riconosciuto dall’Unione Europea, che ha fissato dei rigidi standard per la sua produzione. Il prosciutto Veneto Berico- Euganeo deve essere stagionato almeno 12 mesi ed e prodotto a partire da maiali di prima qualità allevati nella pianura veneta che si estende tra i Colli Berici e i Colli Euganei.

La cucina locale comprende anche la carne di manzo e di cavallo e di tanto in tanto può capitare di trovare qualche menù che offre anche il musso( asino). Tuttavia, i piatti forti della zona sono a base di pollame , in particolare il pollo, oca e anatra. Questo potrebbe essere dovuto in parte al fatto che durante la seconda guerra mondiale, l’esercito confisco ai contadini molti di loro bovini per sfamare le truppe, cosicché la popolazione dovete ripiegare quasi esclusivamente sul pollame.

Nessun piatto sarebbe però completo senza l’accompagnamento della polenta. La polenta è generalmente a base di farina gialla, ma può anche essere prodotta a partire da una varietà di mais bianco, a impollinazione libera, denominato Biancoperla, che cresce nel Veneto dal XVII secolo.

I bigoli sono, tra le paste all’uovo, quelli che più connotano la cucina di questo territorio. Sono grossi spaghetti realizzati tradizionalmente con un apposito torchio, il bigolaro.

Ciò che differenzia la cucina dei Colli Euganei da tutte le altre in regione, tuttavia, è l’utilizzo delle erbe selvatiche. Gli asparagi selvatici, le ortiche e il dente di leone( pissacani in dialetto), i germogli di silene( carletti), i germogli di luppolo( bruscandoli) e i germogli di papavero(rusole) conferiscono freschezza. Essendo Parco Regionale , la zona è protetta dall’inquinamento e dallo sfruttamento edilizio e possiede una grande varietà di piante selvatiche spontanee.

La protezione dell’ambiente garantita dal Parco Regionale contribuisce significativamente anche alla qualità del miele qui prodotto.Il miele prodotto sui Coli Euganei è principalmente di quattro tipi: acacia, castagno, millefiori e di melata.

Gli storici sono generalmente concordi nell’affermare che gli ulivi fossero presenti sui Coli Euganei già prima del arrivo dei Romani. Gli ulivi erano cosi importanti per la zona, che durante il Medioevo, la citta stato di Padova emanò delle leggi che imponevano di piantare dieci ulivi ogni dieci campi usati per la coltivazione del vino. Da Padova l’olio veniva trasportato in barca fino a Venezia, dove era usato per la prodizione di sapone, oltre che per la preparazione del cibo. Oggi la produzione si concentra nei dintorni di Arquà Petrarca, Cinto Euganeo e Galzignano Terme. Il numero di produttori è molto limitato, ma l’olio prodotto è di qualità molto alta. L’olio extra vergine di oliva euganeo ha una fragranza delicata, erbosa, e lievemente floreale. Al palato è fruttato, di acidità bassa, con un retrogusto che ricorda le mandorle dolci; è indicato come condimento di piatti come asparagi, pesce, frutti di mare bolliti e tartufo..

Antiche varietà locali

Il recupero delle varietà autoctone ha evidenziato nuove interessanti possibilità per i produttori. fra le uve rosse con un buon potenziale troviamo:

Corbinella: a questa famiglia di viti appartengono diverse varietà. I vini prodotti a partire da questa varietà hanno un colore rosso rubino intenso, con aromi di violetta, ciliegia e spezie oltre a una vaga nota vegetale. Al palato presentano salinità e astringenza.

Marzemina Nera Bastarda: quest’uva ha goduto di una certa popolarità alla fine del secolo XVII. I vini prodotti dalla Marzemina hanno un colore rubino da medio a intenso. Il loro profumo vivace e fruttato offre sentori di ciliegia e mora. Nella versione dolce, oltre che con le castagne si abbina bene con dolci caserecci a pasta lievitata: ciambelle, focacce, torte di mele e di pere, torta margherita.

Pattaresca: esistono due biotipi , uno ha il picciolo verde e si trova soprattutto nella pianura padovana, mentre l’altro a il picciolo rosso e si trova nella provincia di Venezia.

Turchetta: presente in passato in varie province del Veneto, questa varietà è oggi salvata dall’estinzione grazie a produttori locali che riconoscono il suo potenziale nel produrre vini dal colore intenso, profumati e di buona struttura, adatti ai piatti della cucina tradizionale come salumi e grigliate.

Fra le cultivar a bacca bianca troviamo:

Dorona: nei secoli passati l’uva Dorona veniva prodotta in tutta l’area intorno a Venezia. Conosciuta anche come D’Oro di Venezia e Uva D’Oro Veronese, i vini prodotti sono di colore giallo paglierino, aromatici e abbastanza ricchi e pieni al palato.

Pedevenda: quest’uva è menzionata da Aureliano Acanti nel suo libreo ” Il Roccolo Ditirambo” pubblicato a Venezia nel 1754. I vini prodotti a partire dalla Pedevenda hanno un colore giallo paglierino intenso, una buona acidità e una struttura complessa.

Il Fior d’Arancio Docg

Il Fior d’Arancio è la versione locale del Moscato Giallo. Come si può leggere nel libro “Vitigni d’Italia ” di Calò, Scienza e Costacurta, la provenienza di questa varietà è tutt’ora incerta; si presume che la sua origine possa essere siriana e che il vitigno sia poi arrivato in Italia dalla Grecia durante il Medioevo grazie ai mercanti veneziani. I sinonimi di questa uva Moscato Sirio e Moscato Cipro, sembrano confermare queste sue origini mediorientali.

Il Fior d’Arancio a cui è stata riconosciuta la Docg nel 2011, rappresenta oggi il fiore all’occhiello dei Colli Euganei. Il raro vitigno ha trovato nei colli Euganei un terroir particolarmente vocato, che conferisce ai suoi sentori caratteristiche uniche per complessità ed eleganza. ne esistono tre versioni: spumante (dolce), fermo (secco), passito . Tutti questi vini hanno un loro particolare bouquet che ricorda le essenze mediterranee della zagara e degli agrumi.

Il Fior d’Arancio spumante, che rappresenta l’essenza dell’aromaticità, trova il suo abbinamento ideale con la pasticceria secca, come i tradizionali zaeti, i dolci lievitati come il panettone e la colomba pasquale e le crostate di frutta bianca. La versione cecca può essere servita come aperitivo con sfiziose entrée, o con profumati primi piatti a base di pesce. Il passito è la versione più preziosa del Fior d’Arancio. Le uve , raccolte a mano a perfetta maturazione, vengono adagiate in cassette e lasciate pazientemente ad appassire, secondo un metodo di produzione che risale agli antichi romani. Oggi si ottiene un vino dolce che ha una ricchezza seducente ed evocativa bilanciata da una piacevole freschezza. I suoi eleganti sentori richiamano la pesca, l’albicocca, il mango, la frutta candita, i fichi secchi, il miele e la cannella. Questo vino può essere servito con formaggio erborinato, patè di fegato d’oca e con i dolci in generale.

Colli Euganei – uve a bacca bianca

La Garganega è una delle uve più diffuse del Veneto. Non possiede di suo un carattere spiccato, ma si adatta con versatilità ai terroir che la ospitano. Nei Colli Euganei si esprime con delicati sentori di fiori bianchi e di mandorla. In bocca non nasconde le influenze vulcaniche che le conferiscono un’intrigante sapidità.

L’uva Serprina è riconducibile come biotipo alla Glera, ma non vuole essere chiamata Prosecco sui Colli Euganei. Anche qui il territorio ha fatto la differenza. Il Serprino, tradizionalmente in versione fizzante, è un vino bianco, leggero e profumato, con chiari sentori di piccoli fiori bianchi.

L’uva Moscato Bianco è molto diffusa sulle pendici più fresche. Dà un vino profumato ed elegante, finemente floreale, con spiccati sentori di fiori di acacia e salvia. Il gusto è fresco, leggermente aromatico.

Il Pinello è un vitigno autoctono sopravvissuto grazie alla passione di pochi vignaioli euganei. Vinificato con attenzione dà un vino giovane, leggero, simpatico ricco di profumi di frutta bianca freschissima.

Il vitigno Manzoni Bianco, conosciuto anche come Incrocio Manzoni, nasce dall’incrocio tra Riesling Renano e Pinot Bianco creato negli anni ’30 dal prof. Luigi Manzoni. Dà un vino delicato e fine, di buon corpo e grande equilibrio.

Il Pinot Bianco dà un vino floreale e fruttato secondo l’età, con un buon equilibrio ed eleganza. Ha colore paglierino con riflessi verdognoli in gioventù, profumi delicatissimi di crosta di pane.

Lo Chardonnay è uno dei vitigni più diffusi al mondo. Dà un vino dal profumo raffinato, mantiene note floreali e di frutta esotica se affinato in acciaio; diventa più intrigante , burroso e morbido se trascorre qualche tempo in barrique.

Vini Colli Euganei DOC e DOCG

Colli Euganeo Bianco: un assemblaggio di uve formato in prevalenza da Garganega e Tai e/o Sauvignon con una piccola percentuale di Moscato bianco o giallo. Sono ammesse anche altre varietà a bacca bianca come Serprino, Chardonnay, Pinot Bianco, Manzoni Bianco e Pinello.

Vini monovitigno a base di:

Fior dArancio (DOCG): fermo, spumante e passito

Moscato bianco: fermo e spumante

Serprino: frizzante e spumante

Pinello: frizzante e spumante

E inoltre vini monovitigno prodotti con Garganega, Tai, Sauvignon, Pinot Bianco, Chardonnay, Manzoni Bianco.

Colli Euganei Rosso: un assemblaggio a base di Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc o Carménère, con la possibilità di aggiungere una piccola quantità di Raboso.

Infine vini monovitigno a partire da Merlot, Raboso, Cabernet,Sauvignon, Cabernet Franc,e Carménère. Tutti i sopracitati vini se affinati per almeno due anni possono essere classsificati come Riserva.

Vitigni più diffusi nella zona

Merlot 511

Glera 390

Cabernet Sauvignon 288

Moscato Giallo 231

Cabernet Franc 208

Moscato Bianco 165

Pinot Bianco 97

Garganega 94

Tai 84

Chardonnay 75

Totale ettari 2428

Colli Euganei Rosso

Le principali uve a bacca rossa usate per la produzione dei vini DOC Colli Euganei

Ci sono tre tipologie di vino che vanno sotto il nome di Colli Euganei Rosso: i vini giovani semplici e fruttati; i vini più strutturati; e infine i vini di corpo, che spesso sono il risultato di un saggio uso dell’affinamento in botti di rovere, che conferiscono loro note speziate e tostate.

Queste differenze derivano dall’estrema variabilità del suolo dei Colli Euganei ( composto di trachite, calcare, argilla, o di una combinazione dei tre), e dall’incredibile quantità di microclimi presenti in una zona di produzione vinicola cosi piccola, dove vegetazione alpina e mediterranea convivono a distanza di pochi metri. Dal momento che la zona dei Colli Euganei pur essendo piccola, è cosi eterogenea, i viticoltori locali devono essere particolarmente abili e attenti alle caratteristiche del loro particolare terroir. Questo, naturalmente, vale per tutti i vini della zona non solo per i rossi.

Ma parliamo delle principali uve a bacca rossa usate nel territorio:

Il Merlot è il componente fondamentale del Colli Euganei Rosso, ma si trova anche in purezza e costituisce il vitigno più diffuso dei Colli Euganei; è una varietà che dona ai vini morbidezza e corpo, può essere bevuto giovane, ma nei migliori cru dei Colli Euganei da ottimi risultati dopo lungo affinamento.

I Cabernet, altra fondamentale componente del Colli Euganei Rosso, rappresentano anch’essi complessivamente oltre un quito del vigneto euganeo. Qui troviamo il Cabernet Franc, il Carménère e il Cabernet Sauvignon. Nel XVII secolo il Carménère era comunemente piantato perché aiutava ad aggiungere colore e corpo ai vini della zona. Si dice che il nome derivi dalla parola “carmine”, un chiaro riferimento al suo colore molto intenso. Questa varietà produce vini rossi dal colore rubino intenso, di buon corpo e con un sapore che avvolge il palato. Con il tempo, le note di pepe verde, ribes nero maturo, mirtillo rosso e pepe nero diventano più complesse , evolute e attraenti.

Il Cabernet Franc è una varietà che da vini di maggior spessore e corpo, con chiare note di frutta rossa, adatto anche a lungo affinamento.

Il Cabernet Sauvignon, più austero, verticale, ha importante trama tannica e note di frutta rossa matura. Lo troviamo da solo o come componente del Colli Euganei Rosso; è una delle varietà più riconosciute a livello internazionale, ed è alla base di alcuni dei migliori vini.

Il Raboso dà il meglio di sé nei terreni alluvionali e molto probabile deriva da una varietà selvatica originaria della Valle del Piave. Ne esistono due sottovarietà: il Raboso Piave ( denominato Friularo nella bassa padovana) e il Raboso Veronese. Quest’uva viene spesso usata per aggiungere un tocco di accidità agli assemblaggi. Forse grazie alla sua eredità genetica rustica, il Raboso è una delle poche varietà a essere sopravvissuta alla sostituzione dei vitigni locali in concomitanza con l’epidemia di filossera.

I vini dei Colli Euganei

Grazie ai ritrovamenti archeologici di Arquà Petrarca, Este, Monte Rosso, Galzignano, Valbona e Lozzo Atestino, dove sono rinvenuti boccali e brocche, gli studiosi hanno scoperto che sui Colli Euganei si coltivava uva e si produceva vino fin dalla preistoria.

Durante il periodo romano la via economica del territorio era legata fondamentalmente al commercio di tessuti, ei maiali e in una certa misura all’esportazione del vino. L’ampia diffusione della viticoltura sui Colli Euganei ai tempi dei romani è testimoniata da un epigramma di Marziale, che descrive i Colli Euganei come dipinti da rosseggianti pergole di vite. Tuttavia, il caos successivo alla caduta dell’impero segno sostanzialmente la fine della maggior parte delle attività commerciali.

nel Medioevo, ogni insediamento religioso doveva produrre il proprio vino; fu cosi che la nascita dei monasteri diede un nuovo impulso alla coltivazione di vigneti e alla produzione di vino sui Colli Euganei.

La fortuna della zona cambiò nuovamente a metà del XIX secolo, anche se , come ovunque in Europa, questo vivace periodo fu alquanto disturbato dalla Phyloxera vastatrix. Nel 1868-69 furono direttamente importate nel Veneto varietà provenienti dalla Francia, Germania e dall’Austria cosicchè il Veneto divenne la regione con il più alto numero di cultivar straniere. Il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Gamay, il Malbeck, il Merlot, il Riesling, il Sauvignon, il Syrah , il Traminer: tutti questi vitigni furono sperimentati in quegli anni sui Colli Euganei. I produttori locali provarono a utilizzarli nella speranza di trovare varietà che resistono meglio alle malattie, di ottenere miglioramenti qualitativi o quantitativi della produzione vinicola locale oppure di estendere la coltivazione della vite alle località meno favorite, nelle quali le varietà indigene non davano buoni risultati.

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